Estratto della relazione alle giornate internazionali di analisi transazionale 2019

Come Analisti Transazionali in transito verso il desiderio di leggere i fenomeni della contemporaneità, recuperando l’eredità dell’inconscio di tradizione psicodinamica e la fiducia delle correnti umanistiche nella potenza del cambiamento, vogliamo proporre alcune riflessioni a partire da un caso clinico, condotto e portato a compimento da una delle Autrici.
Interrogandoci sulle mutazioni cliniche ed antropologiche del nostro tempo, il presente lavoro intende mettere in evidenza la possibilità di ripensare ai fondamenti epistemologici e filosofici del modello teorico/clinico dell’A.T. Alcuni principali quesiti sono stati i seguenti: in un’epoca in cui si è inclini a
delegare agli psicofarmaci la cura ed il proliferare del tecnicismo offre la speranza di una risoluzione indolore” del sintomo quale difetto da curare, a quale concezione di “talking care” facciamo riferimento come psicoterapeuti? Nel nostro agire clinico quale spazio ha il potere simbolico della parola per
comprendere la sofferenza ed il dinamismo della salute psichica? E, dunque, come decliniamo l’ascolto della singolarità della persona, che ci parla attraverso il reale dei suoi sintomi, ed il rispetto della sua esperienza che la rendono unica e non omologabile ad un modello standard d’intervento?
L’input della singolare storia clinica riportata in questa elaborazione ha sollevato uno spazio di riflessione e di dibattimento su dubbi metodologici, riferimenti teorici ed epistemologici. L’itinerario riflessivo ha comportato l’arricchire di senso intrecci, varchi, indugi ed evoluzioni della narrazione clinica attraverso l’input della storia che viene riportata, ripensando e ponendo in dialogo l’impostazione teorica A.T. Con altre teorie psicoterapiche (con un particolare interesse verso teorie psicoterapiche quali (…)) ed altre
discipline oggetto di studio, da alcuni anni a questa parte, come docenti della Scuola SSPIG di Palermo. Si è voluto altresì mettere a fuoco una postura clinica che si tratteggia, nella fase iniziale del trattamento, facendo leva sulla singolarità della verità inconscia che il soggetto non assume su di sé e di cui è detentore prevalentemente attraverso i suoi sintomi.

E che, successivamente, articolando una contrattualità, che nasca dal desiderio e dalla responsabilità di “soggettivare” (per esempio, attraverso lavori sui sogni, su disegni, su segnali di copione nel corpo, sui giochi psicologici) cosa del proprio vissuto, la persona sia disposta ad assumersi. Nella problematizzazione del processo psicoterapeutico in oggetto, ci siamo rifatte ad un pensiero di uomo ispirandoci ed interfacciandoci con il pensiero filosofico di B. Spinoza e con la suggestione teorica della soggettivazione così come incontrata nell’opera di Lacan.

 

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